Comune di Viano
Origini Storiche
Il tartufo é un frutto della terra conosciuto dai tempi più antichi. Si hanno testimonianze della sua presenza nella dieta del popolo dei sumeri ed al tempo del patriarca Giacobbe intorno al 1700 – 1600 a.C.
I greci lo chiamavano Hydnon (da cui deriva il termine “idnologia” la scienza che si occupa dei tartufi) oppure Idra,i latini lo denominavano Tuber, dal verbo tumere (gonfiare),gli arabi Ramech Alchamech Tufus oppure Tomer e Kemas, gli spagnoli Turma de tierra o cadilla de tierra, i francesi truffe (derivante dal significato di frode collegato alla rappresentazione teatrale di Molière “Tartufe”del 1664, gli inglesi Truffle, infine i tedeschi Hirstbrunst,oppure Truffel.
Gli antichi Sumeri utilizzavano il tartufo mischiandolo ad altri vegetali quali orzo, ceci, lenticchie e senape, gli antichi ateniesi si dice che lo adorassero al punto di conferire la cittadinanza ai figli di Cherippo per aver inventato una nuova ricetta.
Descrizione
Il tartufo è un fungo appartenente alla Ascomiceti. La parte edibile del tartufo ( il così detto tubero) è in pratica rappresentata dal corpo fruttifero, che contiene le spore responsabili della propagazione del fungo. I tartufi sono così dei funghi ipogei (sotterranei) che formano delle simbiosi mutualistiche, dette micorrize, con le radici di alcune piante arboree come le Querce, i Noccioli, i Carpini, i Pioppi, i Faggi, i Salici, i Tigli, i Frassini e, meno frequentemente, alcune conifere. I corpi fruttiferi del tartufo hanno dimensione variabile, da pochi mm di diametro fino a diversi centimetri (dimensioni di una mela); essi si formano a diverse profondità nel terreno in funzione della specie di tartufo ed al tipo di pianta con cui formano la micorriza, in ogni caso si possono trovare ad alcuni cm di profondità, nel caso di alcuni tartufi estivi come lo scorzone, fino a 15-30 nel caso di alcuni tartufi invernali come il tartufo bianco ed il tartufo nero.
Solo quando il fungo ha stabilito una simbiosi micorrizica stabile con le radici, da origine al tipico e ricercato corpo fruttifero.
Il corpo fruttifero dei tartufi è costituito da una parte esterna di rivestimento detta peridio e da una parte interna o gleba (spesso marmorizzata e venulata), più o meno compatta e carnosa, dotata di colore, profumo e sapore diversi a seconda del tipo di tartufo e della specie vegetale con il quale è micorrizato. Solamente quando le spore riproduttive del tartufo sono formate e mature il tubero emana il tipico ed intenso aroma che lo contraddistingue. Piatti e Ingredienti
Il tartufo è un prodotto non molto serbevole, ma se si adottano alcuni accorgimenti è possibile conservarlo per un po’ di tempo, anche se è meglio consumarlo fresco. Dopo la raccolta il tartufo viene pulito dalla terra con spazzole a setole non troppo rigide e quindi riposto al fresco (frigorifero), dentro un recipiente di vetro, o immerso nel riso (per proteggerlo dall’umidità) o avvolto in carta porosa, sostituita ogni tanto, o infine avvolto in un panno. Con queste modalità il tartufo si può conservare da due o tre settimane (il tartufo bianco) fino a 30-40 giorni ( tartufi neri).
In cucina il tartufo si accompagna bene a piatti generalmente semplici, ma sostanziosi, in grado di evidenziarne ed esaltarne tutte le peculiari caratteristiche organolettiche, in particolare il suo intenso aroma. Può quindi essere “grattugiato” direttamente su semplici uova al tegame (piatto semplicissimo ma sublime), oppure impiegato quale “ricco” condimento di risotti o di tagliatelle al burro. Il tartufo infine si sposa molto bene con le carni, sia la carne cruda battuta o macinata, sia filetti leggermente saltati in padella e rivestiti di scaglie di tartufo.
(AA.VV a cura di P.G. Oliveti, 1999)