In Appennino il croccante ha origini antiche: era il dolce più diffuso delle nostre case, preparato alla buona con le mandorle e le nocciole di stagione, quando lunghe siepi di noccioli accompagnavano le nostre carraie, e ogni casa aveva il suo mandorlo; alla sera dalle mani delle nonne, delle mamme e delle “rasdore”, uscivano tante piccole mattonelle, losanghe irregolari di croccante lucido e caldo di miele e di zucchero caramellato.
Il rito del croccante, la sua storia e la sua preparazione, le sue origini e il suo significato rimandano ad un mondo tutto femminile: ad un mondo di alcune generazioni fa, quando il croccante nasceva dalle mani delle amiche della sposa e dal lavoro di giorni e giorni per diventare quell’architettura elaborata e superba che avrebbe adornato il tavolo nuziale (in tempi in cui la grande torta bianca a più piani era un lusso per pochi).
Era allora il dono per le nozze diffuso in tutti i borghi dell’Appennino reggiano e la tradizione popolare aggiungeva sulla sommità del “castello” le figurine degli sposi che sotto nascondevano il viso di due gemelli …. Simbolo e augurio di vita felice e di imminente maternità. Per realizzare il tipico dolce di nozze, che può arrivare fino a 5 o 6 piani di altezza, occorre almeno una settimana di lavoro e la finitura sul posto.
Una tradizione che ha visto nascere l’associazione “Le croccantine di Baiso” si occupa da anni di promuovere, conservare e tramandare l’originalità e la particolarità della cultura del croccante e consegna la propria ricetta che è composta da semplici ingredienti base: mandorle, burro, zucchero e… amore. Sembra molto semplice, ma non lo è, basti pensare che per lavorare 4 chili di mandorle occorrono circa 5 ore.